Home
L'autore
Il primo libro
La farfalla
Il percorso di sintesi
Il secondo libro
La palma
Il valore dei libri
Ringraziamenti
Il terzo libro
Il potere
I contributi
Le citazioni
Le favole
In discussione
Outdoor
Momenti di gloria
Il saluto
I siti amici
I tre libri
Il quarto libro

Pensieri in movimento

Il tempo della farfalla

Una brevissima poesia, composta dallo scrittore indiano Tagore, Nobel 1913, recita:

"La farfalla non conta gli anni ma gli istanti: per questo il suo breve tempo le basta".

    Questa metafora può diventare la base di partenza - "l'ubi consistam (il punto d'appoggio)" - da cui iniziare il percorso di riflessione sulla soggettività della percezione.

    Alla base delle notevoli problematiche interpersonali, che purtroppo popolano il nostro mondo, c'è il diverso modo di leggere la realtà.

    Basta, infatti, ascoltare le ragioni di due persone in conflitto per capire come ognuno abbia una visione opposta della situazione e come, quindi, sia difficile metterli d'accordo.

    Jean Renoir, regista francese della passata generazione, fa dire ad un suo personaggio: "Il dramma della vita è che tutti hanno le loro buone ragioni".

    Aprendo un manuale di psicologia generale, al capitolo sulla percezione umana, si trova, molte volte, la classica figura, chiamata dallo psicologo americano Boring "la giovane e la suocera", - immagine riportata nella copertina del presente libro - che, attraverso un disegno ambivalente, riesce a mostrare, nello stesso tempo, sia una vecchia che una bella ragazza; così due osservatori, pur in presenza dello stesso stimolo, possono acquisire informazioni discordanti.

    Da questo fatto deriva la conseguenza che gli esseri umani, quando s'incontrano, invece di circoscrivere il "campo semantico", vale a dire l'insieme dei significati a disposizione per stabilire la relazione interpersonale, tendono ad ampliarlo, facendolo diventare l'area di scontro sulle diversità interpretative.

    Umberto Eco ha scritto ultimamente un libro, "Kant e l'ornitorinco", in cui vuole dimostrare la difficoltà di inserire tutte le nuove informazioni in categorie predefinite, come, invece, insegnava il filosofo tedesco, il quale sarebbe stato impossibilitato a classificare un animale come quello del titolo.

    Infatti, l'ornitorinco ha caratteristiche del tutto originali, e, solo dopo cento anni, gli studiosi del settore sono riusciti a trovargli una collocazione scientifica, in una tipologia creata apposta per questo strano animale: "Mammifero lungo in media una cinquantina di centimetri, due chili all'ingrosso, con il corpo piatto coperto di pelame marrone scuro, senza collo e con la coda da castoro; ha il becco d'anatra, di colore bluastro di sopra e rosa o screziato di sotto, senza padiglioni auricolari, le quattro zampe terminano con cinque dita palmate ma con artigli; sta sott'acqua abbastanza (e vi mangia) per considerarlo un pesce o un anfibio, la femmina depone le uova, però allatta i propri piccoli, anche se non si vede alcun capezzolo".

    L'autore, tra l'altro, racconta il disagio provato da Marco Polo nel vedere per la prima volta un rinoceronte nell'isola di Giava, animale allora sconosciuto in occidente, ma che vagamente ricordava, in brutto, l'unicorno che, pur essendo un cavallo leggendario, faceva parte delle categorie mentali del viaggiatore veneziano.

    Tali categorie sono, per molti di noi, una sorta di prigione che ci impedisce di ampliare i nostri spazi, di vedere nuovi orizzonti.

Dice il poeta William Blake: "Se si pulissero le porte della percezione, ogni cosa apparirebbe all'uomo come essa veramente è, infinita. Invece l'uomo si è da se stesso rinchiuso, fino a non vedere più le cose, se non attraverso le strette feritoie della sua caverna".

    Ecco, allora, l'esigenza di ricercare la libertà di spaziare, di trovare il proprio percorso personale, fuori da schemi predefiniti e vincolanti.

    Va superato, quindi, quello stato di chiusura in un mondo circoscritto dove gli obiettivi e le aspettative, molte volte, risultano retaggio di condizionamenti introiettati passivamente.

    La dipendenza dagli "assunti di base", costituiti dalle nostre idee radicate interiormente, che divengono parametri di valutazione dell'adeguatezza sociale, va in controtendenza con l'esigenza di esprimere, invece, la propria libertà, quella libertà urlata dall'eroe scozzese William Wallace, il "Braveheart" (dell’omonimo film), prima di condurre le sue truppe all’attacco dell'invincibile esercito inglese a Stirling.

E la libertà di scegliere, di decidere il proprio cammino, può orientare l'individuo verso una lettura positiva della realtà, anche quando questa, a prima vista, appare del tutto diversa.

    Eduardo De Filippo ha interpretato, sia al teatro che al cinema, il personaggio principale della commedia di Armando Curcio "A che servono questi quattrini", il marchese Parascandalo, filosofo dell'impegno contemplativo, che era solito intrattenere i suoi discepoli con aneddoti ed aforismi, tra i quali il più famoso è la parabola cinese:

"C'era una volta in Cina un vecchio contadino che aveva un figlio ed una cavalla. Una sera la cavalla fuggì; allora i contadini che abitavano nelle vicinanze andarono da lui per manifestargli la loro solidarietà per quell'evento negativo: ma egli, invece di esprimere il proprio dolore, dichiarò che forse non era una disgrazia. Infatti, il giorno dopo, la cavalla tornò con tre stalloni. Ed allora tutti i contadini andarono a manifestargli la loro gioia per l'evento positivo: egli, invece, dichiarò che forse non era una fortuna. Infatti, il giorno dopo, il figlio del contadino per cavalcare uno degli stalloni cadde da cavallo e si ruppe una gamba; stessa processione dei contadini e stessa risposta del vecchio saggio. Infatti, mentre il ragazzo era all'ospedale, il soffitto della sua camera crollò, ma egli non subì alcun danno".

    Morale della favola: ciascuno di noi ha la possibilità di costruirsi chiavi interpretative favorevoli per uscire dai vincoli di una visione triste della vita.

    Il professor Kitting, nel film "L'attimo fuggente", ripete una frase del poeta americano Henry David Thoreau, "molti uomini vivono vite di quieta disperazione", a conferma che si può condurre la propria vita senza determinazione ed impegno per il miglioramento delle proprie condizioni, nascondendo la testa sotto la sabbia, come gli struzzi, invece di affrontare la realtà.

E sullo stesso tema, Oscar Wilde aggiunge che: "Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste, e nulla più".

Per dare uno spunto di umorismo ad un tema così serio, vale la pena di riportare la battuta di Woody Allen sulla visione assolutamente negativa della vita che un individuo può avere: "Non sono un atleta. Ho cattivi riflessi. Una volta sono stato investito da un'automobile spinta da due tizi".

Email: amici@pensierinmovimento.com

In sottofondo stai ascoltando il tema di "Braveheart"

 

 

Home ] L'autore ] Il primo libro ] [ La farfalla ] Il percorso di sintesi ] Il secondo libro ] La palma ] Il valore dei libri ] Ringraziamenti ] Il terzo libro ] Il potere ] I contributi ] Le citazioni ] Le favole ] In discussione ] Outdoor ] Momenti di gloria ] Il saluto ] I siti amici ] I tre libri ] Il quarto libro ]